Invernadero è un sogno che nasce dall’incessante ricerca di un tempo e un luogo dove stare bene e, per spontanea estensione, far stare bene.
La sua natura più autentica è racchiusa nell’etimologia della parola asilo – in greco asylon, voce composta dalla particella α – privativo e sylao – togliere a forza – inteso nell’antico significato di luogo non posto a sacco, sacro, inviolabile.
Invernadero è dunque un luogo in cui poter essere al sicuro.
A lungo ho pensato all’esatta implicazione di una simile frase e ciò che ho trovato, peregrinando fra vocabolari, libri e byte, mi ha di molto stupito. Dov’è che ci si sente davvero al sicuro? Esiste un luogo – e si badi bene, uno soltanto – in cui tutti possiamo provare tale sensazione? Dall’isolotto sperduto al rifugio antiatomico, quel che ho ponderato è che ciascuno di noi ha il suo.
Ma non solo! Se pensate ai luoghi, agli spazi in cui avete trovato rifugio, certo noterete che alla coperta con la quale costruivate le tende più strabilianti della tribù dei Navaho – conosciute in tutto il mondo come inespugnabili fortezze – ha fatto seguito la taverna del tuo migliore amico, poi quell’appartamentino piccolo, ma decisamente grazioso, nel quale sentivi che tutto il mondo iniziava e finiva oltre quel cancello. Ebbene, signori, con lineare deduzione possiamo convenire che tale luogo può dunque cambiare nel tempo.
Infine, spingiamoci ancora più in là! Guardiamo bene a codesto lido nel corso, ad esempio, degli ultimi dieci anni.
L’aspetto meraviglioso del tempo è che ti permette di ampliare l’orizzonte di veduta. Come quei punti panoramici segnati sulle mappe, che in genere trovi dopo una grande curva, preceduta, altrettanto in genere, da moltissime curve, che una dopo l’altra hai fatto per poter arrivare alla tua destinazione, e che infine ti sorprende con un mirabile paesaggio.
Orbene, scorrendo l’album dei ricordi da questa prospettiva, possiamo onestamente asserire che, per i fatti della vita, talvolta non è stato possibile trovare fi-si-ca-men-te questo specifico spazio. Ma non per questo vi abbiamo rinunciato, giammai! Semplicemente l’abbiamo trovato altrove. Un altrove impalpabile, eppure avvolgente, la cui caratteristica principale è che non esiste. Ebbene signori, ecco determinata la terza e ultima legge del luogo sicuro: esso non è necessariamente un luogo fisico.